La pandemia ha ritardato gli screening e i trattamenti anti-HCV

A causa dell’emergenza Covid-19 non solo mammografie e colonscopie ma anche i test di screening per l’HCV e i trattamenti per l’epatite C hanno subito importanti ritardi. Per questo motivo, gli esperti dell’Istituto superiore di sanità (ISS) prevedono che non saremo in grado di raggiungere gli obiettivi di eliminazione dell’HCV stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per il 2030, nonostante prima della pandemia, l’Italia fosse sulla buona strada grazie all’introduzione dal 2017 delle nuove terapie [1]. Si stima inoltre un conseguente aumento della morbilità e della mortalità correlate all’infezione da HCV [2].

L’impatto del Covid-19 sui trattamenti antivirali per l’epatite C

Secondo un’indagine condotta da marzo a maggio 2020 dall’Associazione italiana per lo studio del fegato (AISF), il 26% dei reparti di gastroenterologia italiani nel periodo dell’emergenza coronavirus è stato convertito in reparto Covid-19 e il 33% ha subito delle riduzioni di posti letto. Anche le prestazioni erogate dai reparti e le attività ambulatoriali hanno subito significative riduzioni o sono state interrotte nel periodo culminante della pandemia. Nel 23% dei centri, poi, i trattamenti antivirali per l’epatite C sono stati posticipati, in molti casi anche se destinati a pazienti ad alto rischio di progressione clinica della malattia. Già sulla base di questo sondaggio, dunque, erano prevedibili un aumento di mortalità connesse alle conseguenze delle malattie epatiche e un impatto negativo sul programma nazionale di eliminazione dell’epatite C. Un’ipotesi supportata anche dal fatto che i pazienti con HCV trattati tra febbraio e maggio 2020 sono stati solo 1.000, contro i 12.000 trattati nello stesso periodo del 2019 e del fatto che la cifra da raggiungere ogni anno per adempiere alle indicazioni dell’OMS è di 41.000 all’anno[3].

Tali previsioni hanno trovato conferma in studi successivi che hanno cercato di quantificare l’effetto di ritardi variabili da 3 a 12 mesi nei trattamenti anti-HCV. Secondo i calcoli degli esperti dell’ISS, un rinvio di 6 mesi, per esempio, farebbe aumentare il numero di pazienti con HCV deceduti per una condizione legata al fegato: nell’arco di 5 anni si avrebbero 500 morti che si sarebbero potuti facilmente evitare[4].

Allargando lo sguardo, i numeri fanno ancora più impressione: il rallentamento o l’arresto dei programmi di eliminazione dell’epatite C per un anno potrebbe causare a livello globale lo sviluppo di 44.800 tumori del fegato e 72.300 decessi connessi all’infezione da HCV entro il 2030[5].

Bisogna recuperare incentivando lo screening anti-HCV

Cercare di recuperare il tempo perso a causa della pandemia deve diventare una priorità. E il modo per farlo è incentivare lo screening. Gli esperti dell’ISS hanno delineato una strategia che potrebbe consentire al nostro Paese di riallinearsi agli obiettivi di eliminazione dell’epatite C. Gli interventi prospettati si concentrano sulla semplificazione delle procedure per lo screening anti-HCV e della presa in cura dei pazienti, con particolare attenzione alla definizione dei percorsi per le categorie a rischio (detenuti e tossicodipendenti). Anche la medicina di territorio e i Medici di Medicina Generale dovrebbero diventare protagonisti della lotta all’epatite C individuando tutte le persone che presentano fattori di rischio e indirizzandole al test. Il decreto attuativo Legge n.8 del 28 febbraio 2020[6] è uno strumento importante: garantisce lo screening anti-HCV gratuito in via sperimentale per il biennio 2020-21 ai nati negli anni dal 1969 al 1989, ai soggetti che sono seguiti dai servizi pubblici per le tossicodipendenze (SerT) e ai soggetti detenuti in carcere. Tuttavia, per aumentare le possibilità di successo, è necessario coinvolgere in modo attivo la popolazione generale, indipendentemente dalla fascia d’età: campagne di educazione e sensibilizzazione possono aumentare la consapevolezza del rischio di contagio e delle complicanze dell’epatite C, favorendo l’aderenza alla terapia e diminuendo i tassi di reinfezione [2].

Materiale di carattere informativo non riferibile a contenuti di prodotto e non finalizzato alla promozione del farmaco

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[1] LA. Kondili, A. Aghemo, M. Andreoni. Challenges on the achievement of World Health Organization goals for HCV elimination in Italy: need for a Regional programmatic approach on screening and linkage to care.Ann Ist Super Sanità 2021 | Vol. 57, No. 3: 201-204

[2] LA. Kondili, M.G. Quaranta, L. Craxì et al. Implementare le politiche sanitarie a livello regionale per l’eliminazione dell’epatite C ai tempi del Covid-19. PITER – Piattaforma Italiana per lo studio della Terapia delle Epatiti viRali. Not Ist Super Sanità 2022

[3] A. Aghemo, M. Masarone, S.Montagnese et al. Assessing the impact of COVID-19 on the management of patients with liver diseases: A national survey by the Italian association for the study of the Liver. Digestive and Liver Disease, Volume 52, Issue 9, 2020

[4] LA. Kondili, A. Marcellusi, S. Ryder, et al. Will the COVID-19 pandemic affect HCV disease burden? Dig Liver Dis 2020

[5] Blach S, Kondili LA, Aghemo A, et al. Impact of COVID-19 on global HCV elimination efforts. J Hepatol. 2021;74(1):31-36.

[6] LEGGE 28 febbraio 2020, n. 8. Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana [https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2020/02/29/51/so/10/sg/pdf]